Scrivo con poca frequenza, causa progetti che si accavallano, debordanti, comunque dovessi dire la mia, mi cadrebbero non due ma 1000 braccia.
L’ultima che ho letto:
la “fondamentale” org. Unesco ci spiega cosa è arabo e cosa non lo è, cosa va bene e cosa va cancellato.
Fin qui tutto chiaro, sappiamo come l’Unesco, che è la versione “culturale” dell’Onu, sia al soldo dell’Islam radicale.
C’è da rabbrividire a certe ratifiche, che non sono opera di 4 amici al bar, ma di uomini pagati a peso d’oro, che concludono un pensiero straordinario (stralunato?).
Faccio un esempio: il Colosseo non è riconducibile agli antichi Romani. Gli spaghetti non sono Italiani. La torre Eiffel non appartiene alla Francia.
Basta che sia d’interesse agli arabi, ovunque nel mondo, e d’incanto prevale il diritto di possesso. Il loro.
Prove tecniche di Califfato, l’Unesco va compreso.
Prendiamo Gerusalemme. Perché darsi pena di ricordare che lì, dalla notte dei tempi, è cresciuta la storia del Cristianesimo e dell’Ebraismo? Oggi dicono che la paternità del luogo appartiene alla Palestina, ai suoi abitanti.
Un revisionismo da far accapponare la pelle.
Cancellare la realtà è un prodotto made in Eurabia, come i rifiuti tossici, difficile da smaltire.