

Un cross-imaging tra il salone più maligno del mondo e la tana più oscura della Terra di mezzo, entriamo nell’Overlook Hotel (King) per ritrovarci nella dimora del drago Smaug (Tolkien).
Il fantasy, il thriller, l’horror si formalizzano nell’incontro, tra esoterismo e psicanalisi. Ecco due opere massime: Shining e Lo Hobbit.
Tanti hanno lasciato il cuore nelle grinfie del drago, l’assoluto, lo Smaug; oppure si sono smarriti nelle stanze dell’Overlook, dentro labirintiche allucinazioni; Lo Hobbit e Shining sviluppano il medesimo argomento: l’attraversamento della paura.
In Shining si affronta la paura del proprio inconscio, che se non educato (gestito) genera mostri, capaci di divorare l’io razionale.
Citiamo l’esempio di Jack, le cui fragilità amplificano il potere magico dell’albergo.
Piccola digressione: Shining è l’opera più cattolica di King; l’autore ha sempre favorito il punto di vista americano (cioè protestante), utilizza stavolta l’Overlook per celebrare la potenza della donna (simbolicamente la Madonna, a cui Doc. -una sorta di spirito guida, forse un angelo custode- offre i suoi servigi).
Sarà lei a schiacciare la testa all’Overlook, bruciandolo, nonostante esso fosse al culmine della potenza.
In Lo Hobbit invece si affronta la paura della propria inerzia, immobilità.
Tolkien ha creato una metafora indispensabile non solo per i cultori del fantasy, ma per chi, politicamente, ama trovarsi a destra.
L’odissea di Bilbo, piccolo essere consegnato ad una esistenza borghese, si frantuma con l’urgenza di agguantare il proprio destino. L’occasione di mettersi alla prova.
Fatalità, rischio, avventura sono gli ingredienti che trasformano il pigro hobbit, in un eroe capace, che piega gli eventi a suo favore. L’unico che vincerà contro Smaug il drago.
Shining e Lo Hobbit sono due pietre miliari della letteratura, metafore perfette dell’esperienza della vita. Che significa appunto attraversare la paura.