::cck::126::/cck::
::introtext::
Quello che non vediamo. Che nessuno racconta.
La condizione della Siria oggi. Lì, fino a giungere segretamente a noi.
Sull’argomento troviamo notizie da parte di fonti governative (cioe quelle di regime, quindi fortemente manipolate), oppure notizie della cosiddetta compagine antagonista (propinate dalla sinistra nostrana, dove si nega assolutamente il problema), infine le notizie mainstream, cioe’ ufficiali, dove si ridimensiona il pericolo o lo si accenna appena.
Tutto quello che si scrive sulla Siria, in qualunque posto si vada cercare, vale poco piu di una ipotesi, giacchè da diverso tempo il paese e’sprofondato in una censura atipica, carica di incubi a divenire.
Cosa succede?
::/introtext::
::fulltext::
Senza dilungarci in analisi politiche, appare chiaro che sta mutando una nomenklatura unica nel genere, dove non solo la repressione è legge, ma nuovi piani stanno dischiudendosi, nell’indiffernza generale.
La Cina di Mao e la Russia di Stalin, al confronto di quella che qualche sconsiderato chiama “primavera araba”, assomigliano a fulgidi giardini, immersi nel sole.
E allora? direte voi, le dittature nel mondo non mancano, perchè prendere la briga di parlarne?
Perchè la curiosità è un obbligo, da quando i giornali sono reticenti sull’argomento.
Qualcosa da nascondere? O troppo brutto da sapere?
Soltanto la Chiesa, tramite i suoi missionari, ha denunciato le oscene azioni quotidiane, che lì si perpetuano contro villaggi, composti perlopiù da donne, bambini, pastori.
I pochi cronisti che son riusciti ad eludere i controlli, hanno riferito di cose inimmaginabili, inspiegabili perfino se accostate all’etremismo islamico.
Tutto tace. Nell’assoluto divieto, per stampa e televisione locale, di occuparsi di ciò che è fuori dai palazzi istituzionali.
Nel campo delle ipotesi, i fondamentalismi non sono impegnati nell’addestramento di kamikaze, piuttosto hanno optato per una coltre di riserbo, funzionale a nascondere un pericolo maggiore.
Il silenzio, l’isolamento, il limbo in cui il paese è sprofondato assomiglia allo scenario perduto dell’Africa subsahariana.
La zona “maledetta”, lì dove nacque un virus “impossibile”, che annientò centinaia di persone, poi migliaia, infine milioni di milioni, diffondendosi in tutto il mondo.
Qualcuno ha scritto che in quella zona, si sarebbe sperimentato sulla popolazione più povera, l’efficacia di un virus, che avrebbe dovuto essere esportato in Occidente, per creare una pandemia. Per ucciderlo.
Nessun ricercatore medico si è assunto la responsabilità di “svelare” la genesi del virus, ma il nome con cui è stato classificato (Aids), lo definisce come “peste del ventunesimo secolo”.
La certezza è che per evolversi così com’è, sia stato “lavorato” e “gestito” in laboratorio, fino a sfuggire al controllo dei suoi creatori.
In quella zona era già radicato l’estremismo islamico, e i jahdisti vantavano appoggi internazionali potenti (una ricchissima elitè araba, che strumentalizzava la religione come arma di offesa), è facile concludere che sia stato “commissionato”, utilizzando la popolazione locale come cavia. Coloro che tentavano di opporsi erano passati per le armi o oggetto di rappresaglia.
Altro tentativo a segno, è la nascita del virus Ebola, che segue l’identico percorso: fondamentalismo religioso>ambiente senza controllo>nuovo virus>pandemia.
Tutto questo, naturalmente, si realizza con l’aiuto di (alcuni) sceicchi compiacenti, che hanno a disposizione milioni di petroldollari, dai cui smisurati conti bancari transitano soldi per i kamikaze. Così finanziano attentati, donano vitalizi alle famiglie dei “martiri”, e tanto altro ancora.
Il fanatismo non ha accesso solo alle armi, ma anche alla possibilità di investire su laboratori, su sperimentazioni illegali (le buste di antrace, una decina di anni fa, vi ricordano qualcosa?).
Il passo ai giorni nostri è breve: l’Iran ha costruito numerosi laboratori, addestrato scienziati, ricercatori, genetisti, si è data da fare nell’innovazione tecnologica (a loro uso e consumo, poichè non condividono nulla con l’esterno), con l’obiettivo che conosciamo: vincere la guerra.
Dopo aver costruito l’atomica, essere uno dei registi occulti della recessione mondiale, aver invaso l’occidente con oppio ed eroina, Ahmadinejad ha volto lo sguardo a paesi come la Siria.
Nei lembi desolati dei tanti villaggi, la Siria appare una preziosa risorsa di materiale umano. Forse per sperimentare qualcosa. Di nuovo, più letale.
Parliamo solo di ipotesi?
Certo la notizia che riportava il racconto di
chi ha assitito all’annientamento di interi villaggi, getta una luce inquietante sulla faccenda.
Non sembra affatto l’epilogo di una battaglia o un atto di crudele rappresaglia. E’come se, con la complicità delle autorità siriane, qualcuno o qualcosa stesse strisciando nei villaggi, avvicinandosi ai suoi abitanti.
Chi si rifiuta di collaborare, chi vuole scappare. viene passato per le armi.
Il vicepresidente Al Gore, regista e vincitore di un premio Oscar (con il film “Una scomoda verità”) ha fatto intendere che molte volte una verità pericolosa, viene sottaciuta o nascosta dai media, perchè getterebbe nel panico la gente.
Quindi per abituare al peggio viene creato un “entertainment” mirato, che in forma di opera di divulgazione o di fantasia, prepara inconsciamente lo spettatore a quel che potrebbe accadergli (ricordiamo, tanto per rimanere nel tema caro a Al Gore, i film incentrati su eventi catastrofici/ecologisti).
Il fondamentalismo in Siria, se non impegnato nell’addestramento di kamikaze, sta testando qualche scoperta nelle zone remote e scarsamente popolate.
In un moltiplicarsi di laboratori segreti, cavie umane, morti sospette, ci stanno abituando al mondo che verrà.
Avete notato quanti film in circolazione, anche videogiochi e telefilm, si svolgono su ambientazioni post-epidemia?
Oggi accade in Siria, domani tocca a noi?
::/fulltext:: ::cck::126::/cck::