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Il film di Dino Risi, l’originale, non l’ho visto. Ma leggendo in rete ho subito colto l’esegesi del dramma e della commedia intrisa nel descrivere una coppia, un matrimonio. “Aspirante vedovo” è un remake, in chiave moderna dell’esperienza matrimoniale tra distruzione e distrazione. Diciamo, che la storia dovrebbe partire avvantaggiata, ha dalla sua un capostipite fine anni 50, con firme come Carpi, Risi, Sonego (gli sceneggiatori del film “Il Vedovo”, l’originale interpretato da Alberto Sordi e Franca Valeri), e non ultimo la facilità con cui si possono intrecciare gags nuove o tradizionali.
Quale posto migliore per descrivere nevrosi e turbamenti se non la famiglia? Tutto bene se è possibile riderci sopra. Ma se la risata stenta a incresparsi, qualche problema sussiste. Mancanza di idee e non solo questo. Andiamo al sodo: il film pecca della presenza ingombrante e onnipresente di una stimata comica, la Littizzetto. Occupare un posto in sala per vedere “Aspirante vedovo” è un dichiarazione di passione (ossessione?) per la poser torinese. Oramai abituati a vederla spuntare in tutti i programmi, quasi verrebbe da chiederle di farsi un po’ là, per poter gustare il film. Il dèja vu è troppo forte: mi trovo al cinema o nel salotto di casa? Sto assistendo alle solite gag alla tv? Vi assicuro che dopo 20 minuti di film vi aspettereste spuntare Fazio che manda in linea la pubblicità.
“Aspirante vedovo” è il classico esempio dell’importanza di avere con sé, oltre il cast, le idee e il budget anche un regista che sappia ridimensionare i ruoli dei protagonisti. In caso contrario il fallimento è inevitabile.
Almeno la storia regge? Dipende: il marito squattrinato e la moglie cerbero sono buffi ma ascoltare per un ora abbondante il timbro di voce della Littizzetto è vera tortura, alla fine il pensiero “omicida” è quasi legittimo). Fare il tifo per Albero Nardi (Fabio de Luigi), il marito, è spontaneo. Per colmare una voragine di debiti il Nardi deve ricorrere a delle fideiussioni. Le firme per sbloccare la liquidità può apporle soltanto la moglie, che rifiuta qualsiasi “aggiustamento”. Una lady di ferro: non è possibile ne circuirla e ne amarla. Il niet è assoluto.
Come reagisce Nardi? Progetta di ucciderla; mica solo per i soldi, lei è spietata, petulante, troppo cinica. Urge vendetta. E’ un “diritto”, come la prima casa!
La donna accortasi delle “attenzioni” del marito, decide di partire al contrattacco. Chi la fa, l’aspetti. Sullo sfondo una società marcia, declinata in maniera nauseante, anche se il regista vorrebbe dipingerla come simpatica: le amanti divoratrici di soldi, i partiti politici luoghi per filibustieri, religiosi rappresentati in tono farsesco, gli evasori come idoli da ammirare. Non ci siamo.
Gli attori de “Aspirante vedovo” si agitano, ce la mettono tutta. A volte azzeccano i tempi e la battuta, ma non sanno divertire perché sono i primi a non divertirsi. Tutto è privo di sorprese. Neppure un momento la relazione tra loro due fa spiccare il volo alla comicità, è la nevrosi a fare da padrona. Siamo sicuri che andando al cinema per una commedia, vogliamo immergersi in certe sensazioni?
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