Thriller Zone è un trittico per pensare e credere.
Leggiamo in chiave spirituale i misteri della cronaca noir.
File n.2 – “Un gioco da bambini”
Premessa:
Non esiste un modo soft per dirlo, né uno stile diplomatico per scriverlo.
La fine di Pamela Mastropietro è orrore distillato al fiele, uno scandalo con cui radicalchic e benpensanti dovranno fare i conti.
Le spire del delitto avvolgono il pubblico lentamente, tassello per tassello, stritolandolo in dinamiche che perfino gli inquirenti definiscono diaboliche.
Una ragazza di 18 anni, dopo aver perso il treno per casa, viene violentata, pugnalata, squartata, sezionata e depredata degli organi interni.
I carnefici sono gli stessi che hanno finto di aiutarla, un pretesto per chiuderla in trappola.
Il piano è ordito da profughi nigeriani, esperti di bisturi e coltello, che parlano del delitto come di “un gioco da bambini”.
Si chiamano Innocent Oseghale, Desmond Lucky, Lucky Awelima, sono gli officianti al rito (molto più che un assassinio) facente parte di una “fratellanza” che dall’Africa all’Europa, muove contatti e contanti.
Cosa è successo veramente?
Ripercorriamo la storia: Pamela, attirata nella residenza dell’Oseghale (un profugo dedito all’attività di spaccio) rimane in stato di incoscienza, dopo che l’africano le ha ceduto una dose di stupefacente.
Oseghale, approfittando della vulnerabilità della ragazza, la stupra. E’ l’inizio della fine.
Si uniranno poco dopo i complici* per quel che è -senza dubbio- un rituale di magia nera. L’invocazione ad Exù, divinità africana, ha rinchiuso Pamela in una agonia atroce e senza ritorno.
“Pamela? Solo Dio conosce la verità.”
Questa la sconcertante dichiarazione di Oseghale, quando le prove, contro di lui, lo inchiodano. Sorpreso dal clamore -identica reazione degli altri- si dichiara innocente, come se il delitto fosse un atto devozionale.
Ma verso chi?
Exù è una divinità molto popolare tra i nigeriani. Essa viene cultata per la conquista di sesso e di potere.
Si evoca con il sangue, se il sacrificio è consistente, Exù può discendere tra i richiedenti.
Si rifà alla scuola de La Quimbanda, in cui poveri animali (galline e piccolo bestiame) vengono uccisi per chiedere intercessione divina.
Sovente i devoti ricorrono a sacrifici umani, con cui ottengono il ruolo di Bantu, persona dotata di magia e potere (quello che noi chiamiamo stregone).
A Pamela oltre la vita, viene strappata la dignità. Parti di corpo sono dilaniati dagli assassini, che ne cannibalizzano la carne, gettando il resto dentro due trolley.
Il 5 maggio 2018, alla celebrazione della messa, si è sanato l’immondo sacrilegio: il rito cristiano ha strappato dagli artigli di Exù un’anima innocente. Pamela ora riposa in pace nella beatitudine eterna.
La fratellanza: “Lui ha sbagliato, doveva …”
Avvengono nuove scoperte, nuove intercettazioni: i devoti di Exù confabulando si chiedono cosa sia andato storto. “Come è possibile? Non è la prima volta che lui lo fa…” si lamenta uno.
“Il cuore! Doveva mangiare subito il cuore!” ammonisce l’altro.
“No! No! Bisognava bollirla, piccoli pezzetti: non rimaneva nulla” seguita il primo.
Ecco la preoccupazione dei profughi arrestati.
Sembrano attendere un colpo di scena, qualcuno che li tolga di impaccio.
La fratellanza ha potere di vita e di morte –come la mafia- se qualcuno prova a parlare. Perfino l’interprete, che in tribunale decifra lingua e simboli, sceglie di fuggire. Ma da chi? Da cosa? (domanda che si è posto anche il legale di Pamela).
Diventare le prossime vittime sacrificali, è questo il pericolo?
Per chi ritenga il ritualismo una fantasia, invito a cercare l’intervista che il Prof Meluzzi, uno dei maggiori psichiatri/criminologi, ha dato sulla vicenda. Il prof. decifra il delitto come tribale, dove il male è cercato, in forma di rito, come modus dei carnefici per ricongiungersi alla propria storia.
Ma i media preferiscono tacere, perchè?
Sospetti
La storia di Pamela, da chi muove i fili, è narrata con uno stile fumoso, un incomprensibile ginepraio di omissis, misteri, buchi neri.
E’ calcolato. Una strategia che porta ad un fine: non incoraggiare il sospetto verso i clandestini.
Non tutti sono invischiati nella magia nera, non tutti si corrompono in riti osceni, ma il cannibalismo è una modalità –diciamo il vero- che alcuni clandestini praticano senza timore.
Inutile fuggire il problema.
Si può -come sempre- mettere la testa nella sabbia, oppure chiedersi se la diciottenne, la sua fine, sia un numero di una lunga serie.**
La paura mi corrode il cuore: avremo l’obbligo, per dovere di integrazione, di legalizzare questi “riti”?
Exù, con insaziabile sadismo, agisce come il cacciatore con la preda.
Attende. I giorni passano. Il tempo è dalla sua parte.
Quanti ponti, quanti barconi sono già in congiunzione con il male?
*Uno di essi soggiornava –grazie alle famose coop- in albergo a 4 stelle. Ecco il paradosso: gli inquirenti, impegnati nelle indagini, erano costretti a chiamare il centralino dell’albergo, che provvedeva a passare la telefonata in camera del profugo. Egli era solito consumare i pasti in camera e aveva sempre il cellulare spento. Il motivo? “Troppo stress” ha dichiarato.
**Si è scoperto un pozzo, a Porto Recanati, in cui i devoti gettano i resti dei/delle malcapitati/e.
QUI una Metafora/Video: nella dimora di Innocent Oseghale, profugo di giorno, pusher di notte, intimo seguace del dio Exú.
Editing by Federico Bason, tratto da “Non aprite quella porta (2003)”
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